Una storia che inizia nella Trieste mitteleuropea del dorato tramonto asburgico. Una storia tutta al femminile.
E’ a Trieste, infatti, sul finire dell’Ottocento, che Ortensia Curiel, amica di Saba e dei circoli culturali attivi in città, gestisce una celebre sartoria.

Il secondo atto si apre sulla Milano della ricostruzione post-bellica, nel 1945, quando la nipote di Ortensia, l’affascinante Gigliola Curiel, dà vita al proprio atelier prima in via Durini, poi in via Borgogna n.1.
Lungo i fervidi anni ’50 e i ’60 del boom economico, l’atelier Curiel diviene un must assoluto, prediletto com’è dall’aristocrazia e dalle grandi famiglie dell’alta borghesia  milanese.

Gli abiti di Gigliola sono protagonisti delle prime alla Scala e della ritualità sociale, mentre lei, valente pianista, riceve in casa Rubinstein, Benedetti Michelangeli, Arturo Toscanini con la figlia Wally, Montanelli e Vergani e, per prima in Italia,  si affaccia all’estero, in Francia e negli USA. Nel 1961 accanto a Gigliola Curiel arriva la splendida figlia Raffaella, Lella per tutti, temperamento leonino, spiccato senso dello stile  e energia inarrestabile, studi classici e un rodaggio parigino presso la Maison Balmain. Ma soprattutto, Lella possiede  una straordinaria vocazione alla cultura e alla sperimentazione.

Già nel 1965 presenta la sua prima collezione a NYC, da Bergdorf  Goodman, mentre nel ’70, dopo la prematura scomparsa della madre, apre la sua boutique a Milano. Figura metamorfica, coraggiosa  e coerente, Lella porta avanti sia nel prêt-à-porter che nell’haute couture un segno creativo speciale,  differente, che di volta in volta si ispira alla pittura secentesca  di Velazquez e Vermeeer, alla Secessione viennese di Klimt e Schiele, alla sinuosità decadente di Beardsley quanto al Futurismo di Balla. E poi, la Francia secondo Impero di Victor Hugo, la Russia di Bilibin e dei leggendari romanzieri ottocenteschi, il Messico magico e variopinto di Frida Kahlo, Roma e le sue infinite  sfumature e suggestioni.

Una donna dalle mille sfaccettature, Lella, instancabile nel lavoro, cosmopolita, occhi medianici, sospesa tra equilibrio, capacità imprenditoriale e amoralità d’artista, appassionata di cultura e musica, specie lirica,  habituée della Scala per eredità familiare . Non si contano le sue attività benefiche e umanitarie, né le onorificenze e i riconoscimenti ricevuti, tra i quali vanno ricordati il Cavalierato di Gran Croce della Repubblica Italiana e l’Ambrogino d’Oro della Provincia di Milano. Il suo  generoso e continuo impegno civile risale già al 1962, dapprima in favore dei bambini down, per poi proseguire nella lotta contro il cancro, nella collaborazione con il centro di recupero dalla tossicodipendenza  San Patrignano, nell’assistenza degli anziani bisognosi milanesi e in programmi di riabilitazione per le detenute nel carcere di  San Vittore.

Ha rappresentato il nostro Paese  ovunque nel mondo  sfilando, a partire dal 1985, in molte ambasciate  italiane, tra le altre  in Cina e a Berlino, all’indomani della riunificazione tedesca  e su diretto invito  di autorità  e organismi  internazionali. La moda di Lella Curiel è incisiva, autonoma,  sofisticata. Password: bellezza ed eleganza atemporale.

Un’idea di fashion che incrocia  fragranze culturali ed estetiche le più varie e diverse  all’interpretazione fortemente moderna  di un’eredità preziosa e ricercata, quella di un mestiere  e di una formidabile tecnica artigiana  tramandati  e accresciuti per generazioni. Una vicenda che si sviluppa  per intero grazie a una magnifica  e progettuale continuità di donne. Dagli anni ‘90 infatti, con Lella Curiel lavora  sua figlia Gigliola.